Per le SS.UU. la clausola “claims made” non è vessatoria

Per le SS.UU. la clausola “claims made” non è vessatoria
08 Giugno 2016: Per le SS.UU. la clausola “claims made” non è vessatoria 08 Giugno 2016

Con sentenza in data 26.01.2016 n. 9140, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione sono intervenute a dirimire il contrasto giurisprudenziale sulla “vessatorietà o meno della clausola claims made inserita nei contratti assicurativi”. La clausola claims made è ormai da tempo pressoché immancabilmente inclusa inserita nei contratti di assicurazione della responsabilità professionale. La clausola subordina la copertura assicurativa alla circostanza che l’assicurato abbia ricevuto la richiesta di risarcimento dal terzo danneggiato durante il periodo di vigenza del contratto. La giurisprudenza (aderendo ad uno degli orientamenti dottrinali in materia) sostiene che in tal modo si determina uno spostamento del rischio dall’evento dannoso (subito dal terzo) alla richiesta risarcitoria (ricevuta dall’assicurato), con rilevanti conseguenze per l’assicurato. Da un lato, infatti, l’inserimento di detta clausola nel contratto di assicurazione garantisce l’assicurato per eventuali sinistri verificatisi, a sua insaputa, prima della conclusione del contratto; dall’altro, però, se il sinistro si verifica durante la vigenza della polizza, ma la richiesta risarcitoria viene formulata successivamente al termine del rapporto assicurativo, il professionista risulterà privo di garanzia. Il contrasto giurisprudenziale sul quale è stata chiamata a decidere la Corte di Cassazione a Sezioni Unite nasceva dal fatto che l’orientamento giurisprudenziale più datato (Cass. 5624/2005 e Trib. di Genova 8 aprile 2008) affermava che “nel contratto di assicurazione R.C. la clausola contrattuale ‘claims made’, che sottopone l’operatività della garanzia al momento in cui perviene la richiesta risarcitoria del danneggiato, dà origine ad un contratto atipico nullo, sia perché contrario all’imperativa norma primaria di cui all’art. 1917 c.c., sia perché rende il contratto privo di causa e cioè privo del trasferimento del rischio dall’assicurato all’assicuratore”. Mentre, per la più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 3622/2014) “la clausola claims made, nella parte in cui garantisce l’assicurato per i comportamenti tenuti prima della sottoscrizione del contratto di assicurazione se denunciati durante la vigenza dello stesso, è valida ed efficace e non può ritenersi che essa sia nulla per inesistenza del rischio, in quanto l’alea riguarda i comportamenti passati non nella loro materialità, ma nella consapevolezza da parte dell’assicurato che si ha solo al momento della richiesta risarcitoria”. Le SS.UU. della Corte di Cassazione hanno stabilito il principio di diritto per il quale: “non è vessatoria la clausola che, nel contratto di assicurazione della responsabilità civile, subordina l’operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque, entro determinati periodi di tempo preventivamente individuati; essa, in presenza di determinate condizioni, può tuttavia essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina di cui al D.Lgs. n. 206/2005, per il fatto di determinare a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”. Spetterà quindi sempre al giudice del merito valutare caso per caso la portata della clausola ed ‘intervenire anche in senso modificativo se necessario a garantire l’equo contemperamento degli interessi delle parti e prevenire o reprimere l’abuso del diritto”. Le Sezioni Unite della Suprema Corte, inoltre, hanno precisato che “non è seriamente predicabile che l’assicurazione della responsabilità civile sia ontologicamente incompatibile con tale disposizione” e, quindi, “il patto claims made è volto in definitiva a stabilire quali siano, rispetto all’archetipo fissato dall’articolo 1917 Codice civile, i sinistri indennizzabili, così venendo a delimitare l’oggetto, piuttosto che la responsabilità”. La soluzione cui giunge la Suprema Corte, pare condivisibile ma …. il riferimento alla ‘meritevolezza’ lascia spazio a non poche incertezze in quanto la Corte non fa riferimento a quali sarebbero i criteri che i giudici di merito dovrebbero seguire ai fini della ‘valutazione della meritevolezza o meno della clausola’. Non ci resta quindi che attendere e stare a vedere quali saranno i criteri che la giurisprudenza di merito seguirà per delineare la ‘meritevolezza delle clausole claims made’. Al lettore attento non deve sfuggire il riferimento alla disciplina dettata dal D.lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo). Infatti, il giudizio di ‘meritevolezza’ della clausola è limitato, secondo le Sezioni Unite, a quei casi in cui ‘sia applicabile la disciplina del codice del consumo’ e quindi quando il contraente è un ‘consumatore’, ipotesi che peraltro non ricorre mai quando il contratto di assicurazione sia stipulato da un ‘professionista’ per ‘lo svolgimento o per le esigenze’ dell’attività professionale (così da ultimo cass. n. 17466/2016). Non è poi dato comprendere quale sarebbe il fondamento normativo che giustificherebbe la anzidetta valutazione di ‘meritevolezza’ della clausola claims made, valutazione questa implicante l’esercizio di un potere di controllo sull’oggetto del contratto che non può competere all’Autorità Giudiziaria in assenza di precisi riferimenti normativi.

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